Agevolazioni prima casa per i coniugi separati o divorziati
Le agevolazioni prima casa sono spesso oggetto di contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate quando i coniugi si separano o divorziano, andando quindi ad aggiungersi alle controversie legate alla separazione e al divorzio. Se in sede di separazione o divorzio, il Giudice assegna la casa coniugale ad uno dei due coniugi non è preclusa la possibilità per l’altro coniuge di richiedere l’agevolazione prima casa per l’acquisto di un altro immobile (in senso conforme, recente la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 162/2021 e prima Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia n. 18/2019).
Giova precisare in merito che l’Agenzia delle entrate purtroppo non ha ancora recepito le indicazioni della Suprema Corte, pertanto, in caso di applicazione delle agevolazioni prima casa in sede di rogito stipulato dai coniugi separati o divorziati, successivamente l’Agenzia potrebbe applicare delle sanzioni, contro le quali è certamente possibile fare ricorso ma il cui esito non è prevedibile anche se sussiste una nutrita serie di sentenze a fare dell’applicazione di dette agevolazioni.
Il principio sostenuto da buona parte dei giudici consiste nell’affermare che, siccome il coniuge separato o divorziato non assegnatario della casa coniugale non può soddisfare più le sue esigenze abitative con quell’immobile, ne discende il diritto dello stesso all’acquisto di un’altra abitazione con il bonus prima casa ove pertanto potrà per l’effetto abitare.
Trattasi di un’interpretazione che realizza la ratio della legge sulle agevolazioni prima casa e consente ai coniugi che si separano di raggiungere più facilmente un accordo. Non solo ma detta interpretazione trova anche l’avallo in un intervento della Consulta.
Dunque, il coniuge che si separa o divorzia e che non vive più nella casa oggetto di acquisto, può comprare un altro immobile invocando i benefici prima casa. Nel caso in cui successivamente ci sia l’accertamento dell’Agenzia delle entrate occorrerà impugnare l’atto davanti alla Commissione tributaria al fine di ottenere l’annullamento della cartella. Tenuto conto che solitamente le somme risparmiate sono sempre parecchie migliaia di euro, spesso verosimilmente vale la pena rischiare l’accertamento per poi dare mandato ad un avvocato affinché impugni l’avviso di accertamento. Nel caso di vittoria le spese del legale talvolta vengono poste a carico dell’Agenzia delle entrate.
Il nostro studio ha trattato e sta trattando diversi casi del genere, di talché abbiamo maturato una certa esperienza in merito. Chiamaci avere subito per maggiori chiarimenti o un appuntamento in studio.
Studio legale Avvocato Massimo Ornato